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Diete low-carb e sostituzione di carboidrati con proteine e grassi: cosa ci dicono gli studi?

Immagine del redattore: Arianna MessinaArianna Messina

I lavori scientifici in ambito nutrizionale non sono mai cosa semplice ed esaustiva, presentano tutti i limiti del caso dovuti oltre all’inesattezza insita nella scienza della nutrizione, al fatto che molte volte si tratta di studi osservazionali condotti sulle popolazioni e non studi clinici, o perché spesso i modelli sperimentali sono applicati ad animali diversi dall’uomo.

Nel corso degli anni si è sempre cercato di individuare un “nemico della dieta”, a turno è toccato ai grassi (in particolar modo i saturi), poi è stata la volta dei carboidrati che oggi sembrano essere il demone più pericoloso in assoluto. Questo ha conseguentemente portato alla moda (o meglio mania) dei prodotti “senza”: senza grassi, senza glutine, senza zuccheri, senza uova, senza olio di palma* (*tengo a precisare che in questo caso esiste una fondata ragione ambientalista per evitarne un uso spropositato da parte dell’industria alimentare, ma andrebbe fatto un discorso a parte sulle monocolture in generale), insomma siamo arrivate a pagare moltissimo prodotti che contengono niente e a sviluppare una sorta di fobia per il cibo o per categorie di macronutrienti.

Recentemente sono stati pubblicati sulla rivista The Lancet i dati di follow-up a 25 anni dello studio prospettico ARIC (Atherosclerosis Risk in Communities), che ha coinvolto circa 16000 soggetti di età compresa tra i 45-64 anni. I risultati dello studio sono stati inseriti nel contesto di una meta-analisi degli studi pubblicati sull’assunzione di carboidrati. Gli autori concludono che l’associazione epidemiologica tra assunzione di carboidrati e morte per qualsiasi causa è a forma di U, con il rischio più basso che si verifica con un’assunzione di carboidrati del 50-55% di energia totale della dieta, e che l’assunzione troppo bassa (<30%) o troppo alta (> 65%) di carboidrati sia associata a un più alto rischio di morte (“Dietary carbohydrate intake and mortality: a prospective cohort study and meta-analysisqui lo studio completo).

In una successiva meta-analisi i dati derivanti dallo studio sono stati integrati con quelli provenienti da altri lavori simili, eseguiti in diverse parti del mondo, compresi quelli dello studio PURE ( Prospective Urban Rural Epidemiology qui lo studio completo)  con l’intento di ridurre al minimo le distorsioni e gli errori statistici dovuti alle differenze di popolazioni esaminate. [1,2,3]

Nello studio apparso su The Lancet, vengono comparate diverse categorie di esposizione a assunzione di carboidrati (> 65%, 55-65%, 50-55%, 40-50%, 30-40% e <30%). Il rapporto tra consumo di carboidrati e rischio di mortalità è significativamente non lineare, risultando in un’associazione a forma di U, con il più basso rischio osservato associato al consumo di carboidrati del 50-55%.

  1. Un partecipante di 50 anni con assunzione di meno del 30% di energia da carboidrati avrebbe un’aspettativa di vita prevista di 29 · 1 anni, rispetto a 33 · 1 anni per un partecipante che ha consumato 50-55 % di energia da carboidrati.

  2. Allo stesso modo, è stato stimato che un partecipante di 50 anni con un’elevata assunzione di carboidrati (> 65% di energia da carboidrati) avrebbe un’aspettativa di vita prevista di 32 · 0 anni, rispetto a 33 · 1 anni per un partecipante che consumava 50- 55% di energia da carboidrati.

sostituire_carboidrati_curva

Grafico a U che mostra l’associazione tra la percentuale di energia da CHO e tutte le cause di morte nello studio ARIC, con un’incidenza di morte minima in corrispondenza dell’assunzione pari al 50% di CHO sulle calorie giornaliere totali.[1]

I ricercatori hanno però voluto indagare anche il diverso effetto delle sostituzioni di carboidrati con grassi e proteine di origine animale e vegetale.

I dati hanno evidenziato come la sostituzione di CHO con grassi e proteine di origine animali sia correlata ad un aumento della mortalità. I soggetti che sostituiscono i CHO con alimenti proteici e grassi di origine animale tendono a consumare una quota molto bassa/irrisoria di vegetali (frutta e verdure) e una quota elevata di carni di diverso tipo, carni processate e formaggi, ossia un aumentato introito di grassi saturi.

Mentre la sostituzione di CHO con grassi e proteine di origine vegetale è associata ad una riduzione del tasso di mortalità. I soggetti che sostituiscono i carboidrati con prodotti proteici e grassi di origine vegetale introducono nella loro dieta più cereali integrali, semi, frutta secca, cioccolato fondente, pane.

Dunque, cosa sottolinea questo studio?

Che diete bilanciate che apportino il 50-55% di calorie da CHO costituiscono la condizione migliore per la prevenzione della salute e la riduzione della mortalità. Ma anche le diete nelle quali parte dei CHO viene sostituita da grassi e proteine di origine vegetale hanno lo stesso effetto, a differenza delle low-carb in cui si abbonda e si abusa di alimenti grassi e proteici di origine animale.

Insomma, potremmo dire niente di nuovo per certi versi. Nel senso che il reale problema non è tanto la dieta low-carb in sé, che spesso si rivela opportuna ed efficace come strategia alimentare, quanto quello con cui andiamo a sostituire la componente glucidica nella dieta. E, ancora una volta, ci troviamo a ribadire quanto sia importante il ruolo giocato dalla componente vegetale nella prevenzione, quindi la loro presenza costante nella dieta, quindi il modello dieta Mediterranea.

Il giusto bilanciamento, l’equilibrio di una dieta e le scelte che si effettuano, sono la chiave per una corretta e sana alimentazione e per la prevenzione della salute. I benefici derivanti da questo non potranno mai essere sostituiti o paragonati a quelli millantati da schemi dietetici modaioli o scelte drastiche, tanto meno da pillolotti e integratori o qualunque sorta di “super food”.

Criticità  e limiti di questo studio

Come in apertura a quest’articolo, è opportuno evidenziare i limiti di questo studio. I gruppi osservati non sono stati sottoposti a dei regimi alimentari di un certo tipo, le abitudini alimentari dei gruppi osservati sono state indagate tramite dei questionari standardizzati quindi sicuramente ci sarà stata omissione o invenzione di alcune cose da parte di chi compilava i questionari. Questo è un grosso limite dello studio effettivamente. I questionari sono anche datati, magari le abitudini alimentari di queste persone sono cambiate nel corso degli anni e teniamo sempre presente che ha avuto una durata di 25 anni, nel corso dei quali molto probabilmente sono entrati in gioco anche altri parametri a determinare la morte per i diversi tipi di causa. I dati utilizzati per la meta -analisi ovviamente provengono da diversi studi e diverse parti del mondo dove troviamo condizioni socio-economiche diverse, popolazioni diverse per abitudini, cultura, alimenti consumati stile di vita condotto.

Tenendo conto di tutti questi fattori, traiamo comunque delle conclusioni importanti: consumare una quantità di carboidrati o troppo alta o troppo bassa espone a dei rischi seri ed è correlato ad un aumentato rischio di mortalità.

È importante capire che ridurre l’apporto calorico derivante dai carboidrati diventa problematico e pericoloso quando si va a compensare con sostituzioni che eccedono in grassi e proteine di origine animale, riducendo contemporaneamente l’introito di frutta e di verdura. Questa condizione aumenta il rischio di mortalità. Prediligere invece proteine e grassi vegetali riduce questo rischio e favorisce sicuramente un invecchiamento in salute, perché all’invecchiamento non si può sfuggire, ma certamente si può renderlo meno problematico possibile preservando mente e corpo.

Quindi non sono i carboidrati, le proteine o i grassi di turno ad essere buoni o cattivi, ma sarà sempre e solo l’equilibrio e l’armonia della dieta a fare la differenza, in aggiunta ad uno stile di vita che nel complesso sia sano, dove l’attività fisica non venga mai a mancare.

[1, 2, 3]

 
 
 

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