Chi non li ha sentiti nominare almeno una volta in vita sua? Nessuno, perché sono troppo popolari. Un vero e proprio cavallo di battaglia dell’industria alimentare e della cosmesi, una di quelle parole nominate spessissimo da chi si occupa di nutrizione umana.
Andiamo a vedere cosa sono e come agiscono gli antiossidanti, se e quanto sono importanti per l’uomo fino a giustificarne l’arricchimento di alimenti o la somministrazioni sotto forma di integratori.
Cosa sono
Sono dei composti (flavonoidi, fenoli, catechine, antociani, vitamine come C ed E, carotenoidi, tannini) che contrastano l’azione dei radicali liberi, che a loro volta sono sostanze di scarto prodotte dalle nostre cellule durante i processi metabolici. Nello specifico i radicali liberi sono specie reattive dell’ossigeno, che si formano normalmente durante una serie di processi fisiologici che utilizzano e trasformano energia, ma la cui produzione aumenta in condizioni sfavorevoli, come durante l’esposizione al sole, quando si bevono alcolici, quando si fuma, persino durante l’esercizio fisico (interessante parentesi sulla quale torneremo successivamente), ma c’è da dire che alcune cellule del nostro sistema immunitario li utilizzano come armi per uccidere i batteri, per esempio… Sono prodotti altamente instabili e reattivi che possono provocare innumerevoli danni all’organismo : invecchiamento precoce cellulare o ancora peggio (aterosclerosi e cancro). Lo fanno scaricando la loro energia sulle molecole vicine per tornare in equilibrio, ma questa azione rompe le molecole su cui scaricano i radicali generando altri radicali…e così via una reazione a catena fino a che i grassi presenti nelle sostanze irrancidiscono o si arrivi a provocare un danno cellulare (al DNA, alle proteine e altre sostanze). Quindi una cosa è certa: gli antiossidanti rallentano questi processi catastrofici causati dai radicali liberi.
Un po’ di storia
Prima di suscitare interesse in ambito medico-nutrizionale gli antiossidanti sfondarono in ambito cosmetico. Intorno al 1843 un farmacista francese, Jean Batiste Dechamps, scoprì che aggiungendo gemme di pioppo ad una pomata di estratto di rosa (unguento rosaceo) queste ne miglioravano la conservazione mantenendone l’odore e ritardandone l’ingiallimento e dunque che irrancidisse. Allora dentro a queste gemme di pioppo doveva esserci qualcosa che stabilizzava la pomata. Si notò questa capacità anche in oli come quello di lino o di alcune spezie. Doveva esserci qualcosa che contrastava l’azione dell’ossigeno, oggi sappiamo che questo è il risultato dell’azione combinata di composti diversi presenti nei vegetali. Dechamps definì questa azione “rallentante l’invecchiamento”… ed è a partire da questa affermazione si è costruito tutto il successo degli antiossidanti.
Meccanismo d’azione
Rispetto agli animali le piante sono ricchissime di antiossidanti. Sono composti dalle strutture chimiche diverse, possono infatti essere lipofile o idrofile, semplici o sotto forma di polimeri. Sviluppati dalle piante per contrastare l’azione delle specie reattive dell’ossigeno che si formano durante i processi fotosintetici, per proteggere la clorofilla, lipidi, proteine e acidi nucleici. Le diverse sostanze antiossidanti agiscono ciascuna contro una specie radicalica diversa, quindi agiscono di concerto e non tutte con lo stesso meccanismo d’azione: questa è una nota non banale per comprendere il perché focalizzarsi su alcuni antiossidanti o valutarne l’azione singolarmente non ha senso… soprattutto in ambito nutrizionale!
Dicevamo che anche gli animali sono dotati di meccanismi antiossidanti, pertanto anche il nostro organismo ha gli strumenti per contrastare i radicali liberi: si tratta di enzimi detti “primari” (come la superossidodismutasi, catalasi) deputati all’eliminazione delle specie che scatenano le reazioni di ossidazione. Esiste poi un’altra categoria di antiossidanti detti “secondari” o chain-breakers (interruttori di catena) come il coenzima Q o il glutatione, rientrano in questa definizione anche quelli che assumiamo con la dieta (es. vit A, C ed E) ma che agiscono solo quando la reazione di ossidazione ha già avuto inizio tentando di opporsi al proseguimento e implementando le difese antiossidanti e ripristinandole. Dunque è questa la parte in cui contribuisce la dieta, facendo nostre le sostanze che le piante (frutta e verdura) utilizzano per loro.
Parentesi su esercizio fisico. Dicevamo prima che anche l’esercizio fisico produce radicali liberi: ma quindi perché vi perseguitiamo per aumentare l’esercizio fisico? Sembra un paradosso, ma in realtà non è così. In effetti un esercizio fisico quotidiano di circa un’ora e mezzo, induce un aumento di radicali liberi come risultato di una non completa riduzione dell’ossigeno stesso ma, se regolare e moderato, stimola la produzione di quella dose di radicale superossido che viene tranquillamente contrastata dalle nostre difese antiossidanti, inoltre mantiene proprio lo stimolo a produrre una maggiore quantità di enzimi antiossidanti, quindi è un meccanismo compensatorio che funziona bene e che addirittura contribuisce a mantenere alto il livello di enzimi anche nelle ore successive (circa 20 ore) durante le quali la loro produzione è bassissima. E’ importante però sottolineare quanto sia la costanza dell’esercizio fisico ad avere questo ruolo protettivo, contrariamente a un esercizio fisico sporadico e magari intenso (tipo la corsa devastante una volta a settimana…) che invece aumenta solo lo stress ossidativo e fa male ai muscoli: non serve e fa peggio!
Ma quanto davvero ci servono gli antiossidanti che arrivano dalla dieta? O cmq, fanno nel nostro corpo quello che fanno nelle piante o, partendo da questo presupposto, si sono costruite poi delle storture sulla loro reale funzione su di noi?
Le prime evidenze epidemiologiche relative alle diete indicavano come le diete ricche in consumo di vegetali fossero associate a minor rischio di patologie degenerative, cardiovascolari, diabete, mentre quelle povere in frutta e verdura associate ad un rischio più elevato. Tutto ciò veniva associato alla presenza degli antiossidanti.
Da allora infatti si sono susseguiti miriadi di studi sulle capacità degli antiossidanti della dieta col risultato che ad oggi sappiamo per certo:
che non esiste una dose consigliata giornaliera di antiossidanti per il semplice motivo che NON POSSIAMO CALCOLARLA con esattezza perché dipende da troppi fattori, il che ci fa intendere che forse fissarsi su una “dose” non serve ma che bisogna considerare un contesto più ampio
che tutti gli studi condotti sino ad ora sugli integratori a base di antiossidanti dimostrano risultati contrastanti, inconcludenti se non addirittura negativi, e che la “protezione” assicurata da una dieta ricca in vegetali non può essere riprodotta dagli integratori.
Questo vuol dire una cosa fondamentale: ossia che gli antiossidanti ci fanno bene se li assumiamo mangiando frutta e verdura all’interno di una dieta varia ed equilibrata, e che invece assunti sotto forma di pastiglie e integratori vari e dunque estirpati del loro contesto d’azione (la dieta) perdono di efficacia.
Ma allora perché ancora si insiste su integratori di antiossidanti o si utilizza il termine a garanzia un prodotto che sia un estratto, frutto, superfrutto-superfood “ricco in”? Perché si punta sempre e solo all’effetto risolutore e salvifico dell’ingrediente magico, concetto durissimo a morire. Ma anche perchè si applica, sbagliando, lo stesso principio di “necessità di sopperire a una mancanza” che va sicuramente benissimo nel caso ci siano carenze accertate ma che si rivela del tutto inutile nel caso di implementare o aumentare un apporto la dove non ci sia una mancanza, senza considerare tutte le strategie che il nostro corpo mette in atto per disfarsi di ciò che non gli serve.
Le varie aziende produttrici di integratori fanno a gara per dimostrare che il loro integratore ne contiene di più e meglio, quando, onestamente, i metodi di misurazione per testare l’efficacia delle molecole proposte sono diversi (dunque non sono standard) e i test in vitro sono poco ripetibili, tant’è vero che danno risultati sempre diversi (ma questo ovviamente non è dato sapere al consumatore che verrà incantato dalla narrazione affascinante e da qualche numero buttato lì a dare valenza alle parole: that’s marketing baby).
Tutta la letteratura scientifica sugli antiossidanti soffre di questo problema: l’incongruenza dei dati.
Morale?
Benchè nelle piante svolgano egregiamente il loro lavoro, non c’è alcuna conferma scientifica che sull’uomo gli antiossidanti svolgano la stessa funzione tantomeno che una loro supplementazione (che siano naturali o di sintesi) abbia un effetto protettivo nei confronti di alcune malattie, semmai è stato provato il contrario ossia che un eccesso di assunzione possa essere pericolosa: da studi recenti è emerso come le cellule tumorali beneficino degli antiossidanti molto più delle cellule sane perché rimuovono i radicali liberi dalle cellule tumorali. Infatti, nonostante queste sostanze siano responsabili del danno genetico da cui origina il cancro, sono dannose anche per il cancro stesso, oltre che per le cellule sane. Senza radicali le cellule neoplastiche potrebbero crescere ed invadere più rapidamente i tessuti circostanti. Inoltre, i meccanismi di suicidio cellulare che si attivano quando sono presenti molti radicali, in questo caso non funzionerebbero.
Dobbiamo tenere bene a mente che il cibo non va visto come un farmaco per il contenuto di questa o quell’altra molecola o sostanza, ma che il cibo è fonte di nutrienti (quali anche vitamine e minerali) essenziali per la nostra salute e che è la somma di tutte le componenti e di tutti gli atteggiamenti che abbiamo (stile di vita) ad avere un effetto protettivo sulla nostra salute ed è inoltre indiscutibile quanto sia la variabilità della dieta a fare la differenza, perché non esiste il superfood o il superfrutto che è migliore rispetto agli altri, ma ciascuno è importante e contribuisce con le sue caratteristiche a fare la sua parte, cioè sarà sempre la somma a fare il totale.
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