Quando parliamo di obesità ci riferiamo a quella condizione patologica definita come un eccesso di massa grassa corporea in relazione alla massa magra.
L’obesità infantile viene definita dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come una delle più difficili sfide per la salute pubblica del nostro secolo, non fosse altro che i dati più recenti evidenziano come il fenomeno stia interessando sempre più tutti quei paesi in via di sviluppo, contrariamente all’immaginario collettivo secondo cui la malnutrizione per difetto la farebbe da padrone.
L’obesità ha dunque assunto i caratteri di una vera e propria epidemia globale (si parla spesso di globesity) che potrebbe annullare molti dei benefici per la salute che hanno contribuito all’aumento della longevità osservata a livello mondiale [1].
In Italia la prevalenza dell’obesità interessa il 10% della popolazione in età pediatrica, mentre il 20% della stessa è soggetta a sovrappeso. La distribuzione del tasso di obesità infantile non è omogenea sul territorio, concentrandosi più nelle regioni del Sud con Campania apri-fila seguita da Calabria, Sicilia e Puglia [2].
Prevalenze di sovrappeso e obesità tra i bambini di 8-9 anni per regione: confronto a partire dai dati del 2008-09
Quali sono i rischi correlati e perché è necessario fare prevenzione
L’obesità infantile è una malattia pediatrica cronica, con possibili complicazioni immediate e a lungo termine, che coinvolge molti organi e apparati.
I bambini obesi soffrono di significative morbilità (compresenza di più patologie), sia fisiche che psicologiche. L’obesità infantile si associa spesso a diabete tipo 2, ipercolesterolemia, ipertensione e iperinsulinemia, nonché un significativo aumento del rischio cardiovascolare, disturbi dell’apparato riproduttivo (sindrome dell’ovaio policistico, infertilità maschile), calcolosi, reflusso, alterazioni osteo-articolari [3,4]. I bambini e le bambine obese sviluppano frequentemente un’immagine corporea negativa e manifestano una scarsa autostima. E’ ormai accertato che l’obesità del bambino e soprattutto dell’adolescente prelude molto spesso a quella dell’adulto. A tal proposito un aspetto molto studiato, collegato allo sviluppo di obesità infantile, è quello dell’adiposity rebound ossia l’età pediatrica alla quale si raggiunge il valore minimo di IMC (indice di massa corporea) prima del suo aumento fisiologico. Mediamente quest’età corrisponde ai 5-6 anni. In poche parole un eccesso ponderale, e quindi di IMC, prima o durante questa età viene riconosciuto come indicatore precoce di rischio di sviluppo di obesità.
Quali sono le cause dell’obesità
L’epidemia dell’obesità infantile sembrerebbe causata da una vasta gamma di fattori socio-ambientali che compromettono l’equilibrio energetico in quei soggetti predisposti geneticamente.
Esistono casi, pochi rispetto alla totalità, per cui le cause sono collegate a malattie endocrine e forme di obesità geneticamente trasmesse [5]. Le più recenti ricerche ci dicono che alcuni bambini potrebbero essere geneticamente predisposti ad un errore nell’omeostasi energetica [6]. Questa predisposizione unitamente a tutta una serie di fattori ambientali porta all’aumento di grasso corporeo, condizione che ha poi implicazioni sul complesso quadro ormonale associato.[7]
Nella maggior parte dei casi però ci troviamo di fronte a forme di obesità conseguenza diretta di errate abitudini alimentari e stili di vita basati sulla sedentarietà e inattività motoria. L’attività fisica è infatti uno dei maggiori elementi nello sviluppo dell’obesità nei bambini così come negli adulti. [8]
Studi internazionali hanno dimostrato che il numero di ore passate a guardare la TV, a giocare ai videogiochi (possiamo includere anche il tempo passato davanti a schermi di cellulari e tablet), è associato con un aumentata incidenza di nuovi casi di obesità e a una diminuzione dei successi della dietoterapia. Niente di strano se pensiamo che più ore trascorse davanti a uno schermo sono ore sottratte a qualsiasi altro tipo di attività motoria, ma anche momenti in cui molto probabilmente si consumano spuntini ad alta densità calorica.
L’attuale situazione pandemica ci ha messe di fronte alla realtà dell’importanza che pratiche come la didattica in presenza svolgano sotto questo punto di vista, se non altro per il fatto di avere una routine quotidiana scandita da consuetudini e modalità di stile di vita che la DaD (Didattica a Distanza) ha invece contribuito a sconvolgere in favore di abitudini alimentari e comportamentali scorrette: cibo sempre a disposizione, possibilità di fare lezione direttamente dal letto, tra le altre cose.
Ma la componente più rilevante deriva certamente dall’influenza dei genitori sui bambini e le bambine per quanto riguarda la selezione dei cibi. A tal proposito è importante sapere che:
Il primo rischio di obesità infantile è rappresentato dal peso materno in eccesso o in difetto prima del concepimento. L’ambiente intrauterino è importantissimo. Rappresenta la prima esposizione del feto ad un ambiente e l’utero, per il feto, è un ambiente a tutti gli effetti. Lo stato nutrizionale della madre e gli ormoni della madre, così come i cambiamenti nella placenta, influenzano lo sviluppo del feto. L’alimentazione della madre e l’esposizione a stressors esterni, qualsiasi essi siano, influenzano lo sviluppo del feto e portano ad adattamenti epigenetici influenzando il metabolismo (tolleranza al glucosio ad esempio), il comportamento alimentare e l’obesità (modifiche anche nelle cellule staminali che successivamente diverranno adipociti o neuroni che regolano il comportamento alimentare).
L’esposizione alla leptina (ormone che aumenta in condizioni di elevato grasso corporeo) durante il periodo pre-natale è associato ad uno sviluppo più veloce del feto e a maggior IMC. Peraltro l’elevata concentrazione di leptina e le sue azioni metaboliche rappresentano uno dei meccanismi proposti alla base dell’obesità come fattore di rischio per il cancro.
Anche la dieta del padre prima del concepimento è importante, perché il metabolismo alterato del padre dipende da variazioni nella dieta e porta a modificazioni epigenetiche anche nello sviluppo dello sperma. Il feto può quindi ereditare queste alterazioni. [9]
Poi c’è l’esposizione ai fattori nei primi 2 anni di vita, allattamento (quello al seno è risultato protettivo per lo sviluppo di obesità), svezzamento (uno svezzamento precoce può favorire obesità) [10], eccesso energetico e via dicendo.
Un aspetto da tenere in considerazione è che i genitori spesso tendono a sottostimare lo stato ponderale dei propri figli: il 50,3% delle madri di figli-e sovrappeso e il 12,2% delle madri di figli-e obesi ritiene che il proprio figlio sia normopeso.
Al di là di questo, è importante notare che se la madre e il padre hanno abitudini alimentari scorrette non potranno fare altro che trasmettere queste abitudini al bambino, sia direttamente sia indirettamente (il bambino apprende molto attraverso l’esempio).
Implicazioni psicologiche dell’obesità
L’obesità in età pediatrica, come quella dell’adulto, è una condizione complessa in cui interagiscono fattori biologici e psicologici sia individuali che ambientali.
Tralasciando i rari casi di obesità geneticamente determinata, alla base della patogenesi dell’obesità nell’infanzia come disturbo del comportamento alimentare ci sarebbe un’anomalia nella percezione della fame causata da un errato apprendimento a riguardo. Nello specifico, la trasmissione da genitori a figli di comportamenti alimentari disfunzionali.
L’influenza dei genitori sul comportamento alimentare del figlio sovrappeso o obeso si manifesta attraverso il modeling (modellamento), ovvero un processo di apprendimento sociale che si basa sull’osservazione del comportamento di persone “significative” per il soggetto osservatore. L’osservazione del comportamento di persone significative (come ad esempio un genitore per il figlio) funge da rinforzo sociale per quel particolare comportamento osservato [11]. Quindi l’atto di osservare il comportamento alimentare qualitativamente e quantitativamente disfunzionale dei propri genitori può indurre il bambino o la bambina a imitarlo e ad apprenderlo come comportamento giusto e apprezzabile.
Una seconda modalità di comportamento genitoriale, che può influenzare lo sviluppo e il mantenimento dell’obesità nel bambino, è rappresentato da un utilizzo del cibo da parte dei genitori come ricompensa nella gestione delle emozioni per mitigare problematiche affettive e relazionali: la componente psicologica alla base di questa modalità determinerà poi l’utilizzo del cibo come strumento per affrontare eventuali future problematiche legate alla sfera emotiva e sociale.
Tra le principali conseguenze psicologiche dell’obesità ci sono la bassa autostima e la difficoltà nelle relazioni interpersonali, specialmente in presenza di bullismo da parte dei coetanei. Il/la bambino-a potrebbe sentirsi inadeguato-a e ricorrere a una maggiore chiusura per evitare il confronto con i pari, preferendo attività solitarie e sedentarie. La paura del giudizio, la convinzione di non valere come persona, un marcato disagio con il proprio corpo e la difficoltà a tollerare le proprie emozioni può portare il soggetto a sviluppare un vero e proprio disturbo del comportamento alimentare, il Binge Eating Disorder (BED) o disturbo da alimentazione incontrollata.
Trattamento e prevenzione
La partecipazione della famiglia è il punto fondamentale. Si parte da una buona educazione alimentare e dal creare a casa un ambiente il più sano possibile. Ciò non vuol dire “mettere i bambini e le bambine a dieta ferrea” ma applicare i principi di una sana e corretta alimentazione basata sul Modello Mediterraneo proposto dalle Linee Guida per una Sana e Corretta Alimentazione [12] ed estenderli a tutti i componenti della famiglia. Questo costituisce il primo step preventivo.
Bisogna poi favorire lo sviluppo e la realizzazione di piaceri realmente praticabili: fare movimento, per esempio, non deve essere finalizzato soltanto all’aumento del consumo calorico, ma principalmente alla realizzazione di piacere. Agli impegni in palestra, quindi, di solito sono da preferire tutti i giochi sociali di movimento. È importante che la bambina o il bambino riesca a trovare molti modi, tra loro differenziati, di vivere il piacere.
Governi, scuole, istituzioni, media, dovrebbero sforzarsi il più possibile per attuare strategie ambientali per promuovere una sana alimentazione, limitare o modificare l’assunzione di cibo e incoraggiare l’attività fisica. A tal proposito riveste grande importanza il ruolo della mensa scolastica che oltre ad essere un momento di condivisione e convivialità rappresenta un’opportunità per bambini e bambine di esplorare e familiarizzare con nuovi cibi e sapori a cui spesso non sono sottoposti in famiglia. È quindi importante, se possibile, non sottrarli a questa esperienza e insistere sull’inserimento dell’educazione nutrizionale come attività curriculare, così come l’inserimento di ore di attività fisica extracurriculari.
Prevenire rimane dunque la parola chiave nel contrasto all’epidemia di obesità, questo in un’ottica di salute e benessere non solo individuale ma anche collettivo se pensiamo a come la modalità dei consumi abbia forti ripercussioni oltre che sullo stato di salute umana e i costi sanitari relativi, anche su quello della tutela dell’ambiente.
Bibliografia e sitografia
WHO. Report of the Commision on Ending Childhood Obesity. Geneva: WHO, 2016
https://www.epicentro.iss.it/okkioallasalute/pdf/ONLINE_OKKIO_ALLA_SALUTE.pdf
Rudolf MCJ. The obese child. Arch Dis Child Ed Pract 2004; 89: EP57-EP62
Mc Govern L, Johnson JN, Paulo R, et al. Treatment of pediatric obesity: a systematic review and meta-analysis of randomized trials. L Clin Endocrinol Metab 2008; 93(12):4600-5
Singhal V, Schwenk WF, Kumar S. Evaluationand management of childhood and adolescent obesity. Mayo Clin Proc 2007; 82(10):1258-64
Rowland TW. The childhood obesity epidemic: putting the “dynamics” into thermodynamics. Pediatr Exerc Sci 2004; 16(2):87-93
Angelopoulos N, Goula A, Tolis G. Current Knowledge in the neurophysiologic modulation of obesity. Metab Clin Exp 2005; 54(9):1202-17
Godoy-Matos AF, Guedes EP, Souza LL, Martins MF. Management of obesity in adolescents: state of art. Arq Bras Endocrinol Metab 2009; 53(2):252-61
https://www.fertstert.org/article/S0015-0282(17)30236-4/fulltext
Butte NF. The role of breast feeding in obesity. Pediatric Clin North Am 2001; 48(1):189-98
Bandura, 1985
https://www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018
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