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Immagine del redattoreArianna Messina

Quanto conta lo stile di vita nella prevenzione del tumore al seno?

Il tumore della mammella è la neoplasia più frequentemente diagnosticata nella popolazione italiana, seguito dal tumore del colon-retto, del polmone e della prostata. Il tumore del polmone rappresenta ancora la causa più frequente di morte per neoplasia in Italia, seguito dal tumore del colon-retto, della mammella, del pancreas e del fegato.

Nelle donne si assiste ad un aumento di incidenza del tumore della mammella, soprattutto nelle fasce d’età fuori screening e nelle aree del centro-nord per l’estensione dei programmi di screening [1].

Oggi le terapie antitumorali hanno fatto passi da gigante e gli ultimi dati sull’incidenza delle neoplasie nel nostro paese, che fanno registrare per la prima volta un calo delle diagnosi, ci dicono quanto la qualità degli stili di vita, e quindi la prevenzione, giochi moltissimo in questo senso (si direbbe la scoperta dell’acqua calda, ma in una società fortemente medicalizzata e in balia dei rimedi fuffa è un dato molto positivo).

Il tumore al seno è una di quelle neoplasie per cui lo stile di vita incide fortemente nel contrastare o favorirne lo sviluppo (ovviamente tenendo sempre in considerazione tutte le implicazioni relative al tipo di carcinoma specifico, fattori ereditari in primis).

Indipendentemente dalla forma tumorale però ciascuna di esse risente moltissimo dello stile di vita sia per quanto riguarda la fase preventiva che quella in corso di terapia: la dieta da sola non può essere considerata un farmaco, ma certamente è di supporto terapeutico. Non esiste la “dieta antitumorale” ma lo stile di vita preventivo che sicuramente parte da una corretta ed equilibrata alimentazione, senza dimenticare l’adeguato esercizio fisico. Quando si parla di “alimenti anti-cancro” si sta solo contribuendo a fare tanta confusione e ad esaltare alcuni particolari cibi (spesso esotici perché fa più figo e riempie di più le tasche di chi sa fare marketing…) e contemporaneamente alimentare la fobia nei confronti di altri. Invece dobbiamo avere ben chiaro che è l’insieme di tutto, a cominciare dalla dieta, a fare la grande differenza tra ciò che può contribuire a combattere e arginare lo sviluppo di una neoplasia e ciò che può favorirne lo sviluppo.

Tra i fattori di rischio identificati nello sviluppo del cancro al seno ci sono anche quelli dietetici e metabolici: l’elevato consumo di alcol e di grassi animali e il basso consumo di fibre vegetali sembrerebbero essere associati ad aumentato rischio di carcinoma mammario. Stanno inoltre assumendo importanza la dieta e quei comportamenti che conducono all’insorgenza di obesità in postmenopausa e sindrome metabolica. L’obesità è un fattore di rischio riconosciuto, probabilmente legato all’eccesso di tessuto adiposo che in postmenopausa rappresenta la principale fonte di sintesi di estrogeni circolanti, con conseguente eccessivo stimolo ormonale sulla ghiandola mammaria. La sindrome metabolica, caratterizzata dalla presenza

di almeno tre dei seguenti fattori: obesità addominale, alterato metabolismo glicidico (diabete o prediabete), elevati livelli dei lipidi (colesterolo e/o trigliceridi) e ipertensione arteriosa, aumenta il rischio di malattie cardiovascolari ma anche di carcinoma mammario. Si suppone che nei soggetti con sindrome metabolica esista una resistenza all’insulina a cui l’organismo reagisce aumentando i livelli di insulina. L’insulina agisce sul recettore di membrana del fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1R), attivando le vie del segnale intracellulare fondamentali per la crescita neoplastica. La sindrome metabolica poggia su una predisposizione genetica, ma al suo sviluppo contribuiscono in maniera chiara stili di vita basati su scarsa attività fisica e diete ipercaloriche, ricche di grassi e carboidrati semplici. Ne consegue che, agendo su questi fattori di rischio modificabili attraverso una regolare attività fisica quotidiana abbinata a una dieta equilibrata (di tipo mediterranea), si potrebbe ridurre il rischio di sviluppo di carcinoma mammario migliorando l’assetto metabolico e ormonale della donna [2, 3].

Come prevenire dunque?

Dal punto di vista nutrizionale una dieta a basso carico glicemico che tenga a bada i livelli di insulina è indubbiamente indicata. La traduzione di questa raccomandazione non è “eliminare gli zuccheri dalla dieta”, bensì eliminare gli eccessi di zuccheri ingeriti quotidianamente, che è tutta un’altra cosa. Perché la verità è che quotidianamente di zuccheri se ne ingeriscono più di quanto necessari (questo esubero riguarda in realtà le calorie in generale provenienti anche dai grassi e dalle proteine) e, allo stesso tempo, ci si muove poco, dunque il bilancio sbilanciato verso l’accumulo.

La maggior parte degli studi scientifici a riguardo concordano sul fatto che il modello mediterraneo risulti protettivo e riduca l’incidenza di recidive.

La traduzione del modello mediterraneo è:

  1. variabilità di ciò che si mangia

  2. alimentazione ricca di cibi di origine vegetale e un buon consumo di pesce azzurro

  3. porzioni adeguate al proprio fabbisogno (quindi quantità opportune)

  4. stile di vita attivo

  5. frugalità

  6. limitazione degli stressors

Come si può notare, un modello e non una banale lista di cibi si e cibi no. Tantomeno la classica interpretazione distorta di dieta mediterranea all’italiana, ossia pane, pizza e pasta!

Chiaramente vanno fatte delle ulteriori precisazioni, perché se è vero che prediligere alimenti di origine vegetale è sicuramente opportuno, è vero anche che bisogna fare attenzione all’introduzione di alcune categorie vegetali che potrebbero stimolare la secrezione estrogenica, come la soia che essendo ricca di fitoestrogeni va fortemente limitata (se non esclusa), ma anche alcuni ortaggi ricchi in poliammine (prodotti organici che presentano uno o più gruppi aminici, di cui sono particolarmente ricchi agrumi, solanacee, legumi, mais, patate, alcuni frutti e carni) che sembrano essere problematiche in soggetti con lesioni pre-cancerose e ad alto rischio (sovrappeso, sedentarietà, consumo di alcolici) ma protettiva invece in soggetti sani (normopeso, dieta ricca di fibre, stile di vita attivo) )[4, 5]. Così come bisogna fare attenzione a tutti quei cibi che stimolano la produzione di fattori di crescita (le proteine in generale, particolarmente quelle di origine animale) e dunque favoriscono la crescita del tumore.

Alla luce di quanto detto sembra evidente quanto una dieta equilibrata costruita sul soggetto specifico possa fare la differenza sia come fattore preventivo che come ausilio alla terapia.

Uno stile di vita corretto è il fattore protettivo per eccellenza, quindi se siete in sovrappeso e particolarmente sedentarie è bene che vi rivolgiate ad un esperta/o in nutrizione, perché i rimedi dell’ultimo momento dettati dalla paura non funzionano o addirittura rischiano di complicare una situazione già complessa di suo.

In poche parole, bisogna volersi bene!

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