Recentemente ho fatto una piccola indagine personale tra le/i conoscenti e amiche/i, sull’utilizzo del sale in cucina. Più volte infatti mi sono ritrovata ad assaporare pietanze preparate da loro contenenti una quantità spropositata di sale! Non saporite, attenzione, ma salate.
E si, perché c’è molta differenza. Una pietanza può essere saporita quando si utilizzano spezie e erbe aromatiche, oltre che sale e il resto dei condimenti (olio per esempio, …). Ma ahimè spesso ho assaggiato piatti esageratamente salati che mi hanno portata a chiedere: ma tu, cucini sempre così “saporito”? Quanto sale usi? Ti rendi conto dell’eccesso, e se no perchè?
Queste sono domande alle quali spesso molta gente non sa rispondere, oppure risponde “perché, ti sembra salato?” oppure “uso il giusto”. La non percezione di quanto sale si utilizzi in cucina è un dato sul quale riflettere, un comportamento che va assolutamente corretto al fine di prevenire l’insorgenza di patologie strettamente correlate a questa cattiva abitudine.
La condizione patologica immediatamente associata all’abuso di sale è l’ipertensione arteriosa (qui alcuni dati EPICENTRO a riguardo).
L’ipertensione arteriosa è una delle principali cause di patologie dell’apparato cardiovascolare, quali la cardiopatia ischemica (angina pectoris, infarto del miocardio) e l’ictus cerebrale (sia ischemico che emorragico). L’eccessivo introito giornaliero di sale è uno dei principali responsabili dell’insorgenza di ipertensione arteriosa. A tal proposito sono stati effettuati studi sperimentali su animali, studi epidemilogici, trials clinici controllati e studi di popolazione sulla riduzione dell’introito di sodio. Detti studi hanno dimostrato che vi è uno stretto legame tra quantità di sale assunta con la dieta e pressione arteriosa. Il rapporto tra danno d’organo e sale è probabilmente anche più stretto che tra pressione arteriosa e sale.(1)
Un consumo eccessivo di sale può favorire l’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte. Elevati apporti di sodio aumentano il rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, sia attraverso l’aumento della pressione arteriosa che indipendentemente da questo meccanismo. Un elevato consumo di sodio è inoltre associato ad un rischio più elevato di tumori dello stomaco, a maggiori perdite urinarie di calcio e quindi, probabilmente, ad un maggiore rischio di osteoporosi. Di conseguenza, ridurre gli apporti di sale può essere un’importante misura sia preventiva che curativa per molte persone. Studi recenti hanno confermato che un consumo medio di sale al di sotto di 6 g al giorno, corrispondente ad una assunzione di circa 2,4 g di sodio, rappresenta un buon compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzione dei rischi legati al sodio. (2)
Ma effettivamente, di quanto sale abbiamo bisogno durante la giornata?
Anzitutto dobbiamo sempre considerare che gli alimenti contengono già una quantità di base di sodio, ciascun alimento in dosi diverse, ma se pensiamo che ogni grammo di sale contiene circa 0,4 g di sodio e che le perdite quotidiane di sodio dal corpo vanno da 0,1 a 0,6, capiamo che già senza aggiungerne altro nelle pietanze lo reintegriamo con quello contenuto naturalmente nei cibi. I dati a nostra disposizione ci dicono invece che in media un italiano adulto consuma circa 10 g di sale al giorno (a conti fatti sono 4 g di sodio!) e che quindi sta ingerendo 10 volte il quantitativo fisiologico di sodio cui avrebbe bisogno.
Quindi si può iniziare col non aggiungere sale laddove non necessario: le insalate per esempio, evitando anche di aggiungere “salse” (che spesso sono glasse o aceto balsamico), ma utilizzare solo olio extravergine e limone (o aceto di mele) per condire e aiutarsi con le spezie che insaporiscono moltissimo oltre che caratterizzare in modo particolare e a migliorare le proprietà organolettiche dei cibi. In questo modo si può riacquisire la capacità di assaporare un cibo per quello che è, apprezzarne il suo vero sapore senza alterarlo con l’aggiunta di sale. Questo discorso ha un senso nel momento in cui però si utilizzano materie prime di buona qualità: se si acquistano verdure imbustate il sapore sarà tutt’altro che ricco, il che porterà ad utilizzare sale per ovviare. Ecco perché è opportuno indirizzarsi sulla scelta di cibi genuini, coltivati con criteri etici sia dal punto di vista ambientale che umano.
Vale lo stesso per le carni e i pesci: se da allevamento grass fed o comunque non intensivo (per quanto riguarda le carni), il pescato del mediterraneo (per quanto riguarda il pesce), il sapore sarà di gran lunga migliore, oltre che essere un prodotto di qualità.
Il sodio lo troviamo naturalmente nell’acqua, nelle verdure e nella frutta, nella frutta secca, nel pesce, ecc …
Ridurne la quantità non vuol dire eliminarlo dalla dieta, vuol dire proprio evitare di aggiungerlo quando se ne può fare a meno, per prevenire le complicazioni di cui sopra o per limitare le complicazioni in chi soffre già di ipertensione.
Ciò che “frega” è anche il fatto di consumare cibi preconfezionati o particolarmente elaborati, junk food, insaccati e tutto quello che l’industria del cibo propone. Pizze, merendine (sono dolci si, ma contengono sale in aggiunta anche quelle), sottoli e sottaceti, salse, patatine … Viene da sé che ridurre drasticamente, se non eliminare o riservare a qualche occasione, il consumo di questi alimenti sarebbe buona regola.
Altro suggerimento è quello di non mettere il sale in tavola così da aggiungerlo mentre si sta mangiando.
Anche sul sale oggi troviamo le idee di marketing più disparate: il sale rosa dell’himalaya è quello più rinomato. Ulteriori consigli sono:
– ridurre intanto l’uso di sale in cucina, magari pesandone 5 g quotidianamente e utilizzare non più di quelli durante tutta la giornata, se proprio siete amanti del sale.
– utilizzare sale iodato, ossia arricchito con iodio che aiuta a prevenire la carenza di iodio, carenza comune anche nel nostro paese.
– per gli/le ipertes* è importante apportare un buon quantitativo di potassio con la dieta, in quanto svolge il ruolo di abbassamento della pressione e aumenta l’escrezione di sodio con le urine.
Questo è quello che può essere fatto apportando accorgimenti alla dieta, ricordando che, come per qualsiasi cosa, vanno prese in considerazione anche altre variabili che incidono sull’insorgenza dell’ipertensione arteriosa: la genetica, vizi come alcol e fumo, il livello di attività fisica, l’invecchiamento e lo stress sociale, nonché la condizione socio-economica.
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